Michele Riondino su Rai1 da lunedì prossimo, 13 gennaio, per affrontare da un’angolazione diversa il dramma eterno della Shoa.
“La guerra è finita”, miniserie diretta da Michele Soavi, offre «la possibilità di sentire le storie che solitamente ascoltiamo da chi è sopravvissuto, come la senatrice Liliana Segre (richiusa ad Auschwitz quando era una bambina e sopravvissuta a suo padre), da una persona adulta. Qui, invece, sono le vittime a parlare, appena salvate. Sul set noi attori adulti abbiamo avuto la responsabilità di raccontare certe cose in maniera credibile, ma anche sbagliata, tutelando i più piccoli» ha dichiarato all’Ansa l’attore tarantino, tra i protagonisti della fiction in quattro prime serate, che vede nel cast anche Isabella Ragonese, Valerio Binasco, Carmine Bruschini, Andrea Bosca. Si tratta di uno degli aventi più attesi nel panorama televisivo di questo inizio 2020. Per Riondino, «il valore aggiunto di questo progetto è voler raccontare il dramma dell’Olocausto con la forza narrativa del diario di Anna Frank».
«Ci è parsa una storia necessaria, indispensabile» le parole del direttore di Rai Fiction Eleonora Andreatta, «racconta la resurrezione di un gruppo di bambini e ragazzi sfuggiti ai campi di concentramento. Di un futuro che ricomincia, lasciandosi alle spalle un passato doloroso. Il servizio pubblico ha il dovere della memoria. È la prima volta che la Rai traduce una vicenda ispirata ad una storia reale – con libertà di invenzione dei personaggi – di questo genere con una serie».
La sceneggiatura è firmata da Sandro Petraglia (che ha firmato, tra l’altro, Perlasca). “La guerra è finita” inizia poco dopo la Liberazione, nei mesi in cui dopo la tragedia dei campi di sterminio i sopravvissuti tornano a casa. Tra questi, anche bambini e adolescenti che hanno visto e vissuto l’orrore. Questa storia parla di loro e di adulti coraggiosi che aiutano questi ragazzi a tornare alla vita.
In un’Italia provata, miserabile, ridotta in macerie, i ragazzi scoprono il rispetto reciproco, la solidarietà, la voglia di giocare, studiare, lavorare, amare e raccontare la loro perduta umanità. Per i pochi superstiti delle deportazioni rientrati in Italia, si apre una nuova difficile realtà. Negli occhi e nel cuore sono vive e sanguinanti le ferite per le atrocità viste e subite nei campi di concentramento dove, spersonalizzati e depredati della dignità, sono stati vittime di oltraggi di ogni genere. Lì, dove hanno perduto figli, padri, madri, fratelli.
Come riporta l’agenzia Askanews, sono bambini usciti vivi dai campi di concentramento a raccontare gli orrori della Shoah nella fiction.
Michele Soavi dirige una storia scritta da Sandro Petraglia ispirata all’esperienza di Sciesopoli, dove tra il 1945 e il 1948 furono raccolti in un istituto più di 800 bambini sopravvissuti, per aiutarli a ritrovare una vita normale. Siamo all’indomani della Liberazione e Isabella Ragonese interpreta una psicologa, figlia di un imprenditore che ha collaborato con i nazisti, che cerca di aiutare i bambini a ricordare e raccontare, per iniziare a superare il trauma. «Era importannte per me ascoltare i bambini come fosse la prima volta che sentivo cose del genere. E’ un modo di stare nell’ascolto che mi piacerebbe mantenere e che consiglio di mantenre a tutti noi, ogni volta che nel mondo si ripete una storia del genere. Di mantenere quell’indignazione, quella rabbia, quello stupore, quel dolore di chi ha sentito per la prima volta». A proposito del fatto che oggi una di quegli ex bambini, Liliana Segre, debba essere protetta da una scorta proprio per il lavoro di testimonianza che continua a fare, Ragonese dice: «Mi atterrisce l’idea che si sia arrivati a questo punto, nello stesso tempo non smetto di pensare che ci sia anche un altro tipo di Italia. Mi fa molto piacere che sia di Rai1 e quindi abbia la possibilità di arrivare a tantissime persone». Michele Riondino interpreta un ingegnere ebreo che ha partecipato alla Resistenza, a cui sono stati deportati moglie e figlio, e che ritrova una ragione di vita nell’aiutare quei bambini. Per lui la fiction è utile anche per contrastare tutti i rigurgiti antisemiti. «Il fascismo non può mai essere un’opinione e l’antifascismo deve mantenere alta l’attenzione, viva la memoria, e usare le armi giuste per poter contrastare la barbarie».
“La guerra è finita” racconta la storia di chi è sopravvissuto e ha trovato una nuova via per tornare alla vita, quella piena, quella in cui il dolore lascia spazio alla speranza per un domani migliore, dove nessuno debba mai più rivivere l’orrore delle deportazioni. È una produzione Palomar in collaborazione con Rai Fiction.