Considero un privilegio il fatto di restare a casa assorto in pensieri e meditazioni che avevo trascurato, travolto anche io dal vortice degli accadimenti umani.
Perciò trasmetto a tutti, amici e familiari, una mia riflessione maturata in questi giorni che precedono la festa della Pasqua cristiana, che affronteremo prima di quei meravigliosi segni liturgici che godiamo solo in Chiesa, il luogo dei sacramenti, dei canti, delle cerimonie religiose.
Ho immaginato che questi giorni sarebbero stati esaltati da un gran baccano se fossimo ancora nel travolgente turbinio di una vita vissuta all’insegna delle velocità delle azioni, del frastuono dei sentimenti, dell’arrivismo esasperato, del consumismo irriverente.
Tutto questo mondo l’abbiamo lasciato bruscamente per l’arrivo impetuoso di un virus inesorabile, cattivo, perverso, senza pietà, che ha costretto tutti all’immobilismo, alla riflessione, chiusi nelle proprie abitazioni. D’improvviso è calato il silenzio come un turbine nella nostra esistenza esaltata da nuove illusioni, raramente da segni di solidarietà verso altri.
Il silenzio assordante, giacché ci rende sordi, incapaci di ascoltare i richiami dello spirito che in noi bussa, ora più che mai, per essere finalmente interrogato, è pronto a dare risposte significative.
Adesso ci sentiamo più vicini: l’urgenza ha fatto scattare una solidarietà, fino a qualche giorno fa trascurata, bistrattata, ora invece generosamente ricercata, accarezzata.
E’ proprio vero: dalla solidarietà è nato il senso di “prossimità”.
Sono tanti segni di generosa solidarietà, esercitati da associazioni, da volontari, da forze dell’ordine, dalla Croce Rossa, dalla Protezione Civile.
Sono i benefattori e gli interpreti della solidarietà.
Che forte impatto la figura del Papa Francesco con il suo incedere claudicante nel piazzale del colonnato di San Pietro a Roma, silenzioso e afflitto da una pioggia battente.
Da solo, senza presbiteri di contorno, Papa Francesco si è inchinato a baciare il Crocifisso miracoloso, ligneo, che mezzo millennio fa venne invocato dai fedeli di Roma, afflitti dalla terribile peste.
Nella piazza di San Pietro all’improvviso si è visto il Crocifisso quasi lacrimare, commosso dalla supplica del Papa.
Era, invece, solo la pioggia battente che rigava il volto del Crocifisso, ma l’immagine mi ha letteralmente sconvolto perché avevo abbinato innocentemente la preghiera del Papa e la risposta immediata del Signore.
Ma la mia riflessione è andata oltre. Quella immagine del Papa fermo davanti al Cristo sofferente in Croce, che intensificava la portata, il silenzio del colonnato, non più attraversato dal rumore dei passi dei pellegrini, e dal vociare degli avventori improvvisati, hanno suscitato in me l’impressione che il Santo Padre sembrava gravato dal peso di questo nostro tempo sospeso, ma nello stesso momento, fiducioso nella misericordia di Dio al quale presentava l’angoscia dell’intera umanità.
Signore, rendi ancora vitale il mondo, dove saremo più buoni, perché in noi è tornato l’equilibrio.
La tempesta ha lasciato un segno, è giunto il momento di mettere da parte il culto esasperante della nostra immagine, sempre in primo piano.
Ora dobbiamo remare tutti insieme convinti dell’appartenenza comune che ci rende tutti fratelli. Questo è il significato di “comunità”.
Le parole del Signore: “Perché avete paura?” Rivolte agli Apostoli timorosi della tempesta che scuoteva la barca saranno per tutti un balsamo, una sicurezza, il porto sicuro dove approdare.
Questa riflessione produce il silenzio! Tre parole: solidarietà, equilibrio, società. Torneremo alla vita, certamente, ma non come prima, saremo diversi.
Aldo Luisi
Ordinario di Letteratura
Latina – Università di Bari