E se Taranto ripartisse dall’economia circolare? Nel pieno della crisi dell’ex Ilva, con migliaia di esuberi dichiarati e l’assenza di un concreto piano alternativo, induce a interrogarci su quale modello di sviluppo investire. In modo realistico, secondo una precisa visione di futuro. Una visione che potrebbe assumere proprio la forma dell’economia circolare.
Certa delle grandi possibilità che possono dischiudersi grazie a questo modello di sviluppo è Eleonora Rizzuto, fondatrice dell’associazione non profit AISEC (Associazione italiana per lo Sviluppo dell’Economia Circolare), partner di ASviS – Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile.
«L’economia circolare – spiega la dottoressa Rizzuto a TarantoBuonasera – ha un approccio olistico ai problemi della produzione e dello sviluppo, perché prende in considerazione la società nel suo complesso, compresi i consumi, le finanze, il benessere. L’economia circolare è dunque applicabile proprio ai sistemi complessi attraverso un processo di dematerializzazione, per ottenere il massimo riducendo al minimo il consumo di risorse. C’è da dire che da anni l’Unione Europea promuove politiche per uno sviluppo alternativo».
Politiche, tuttavia, che in Italia sembrano essere recepite ancora troppo lentamente, nonostante la crisi occupazionale e le problematiche ambientali imporrebbero cambio di passo e di paradigma.
«Nell’economia circolare – dice sempre Eleonora Rizzuto, una autorità in materia, con una robusta esperienza internazionale sul tema – l’elemento sociale è fondamentale, perché muove dalla considerazione del tessuto territoriale nella sua complessità, un tessuto attivo dal quale possono nascere nuove professioni».
Prendiamo in esame proprio il caso Taranto: «Si riparte da zero, ma questa può essere l’occasione di rilancio dell’impianto proprio attraverso le modalità dell’economia circolare. In uno stabilimento di quel tipo c’è materia sufficiente per il recupero e il riciclo delle risorse e quindi per la creazione di attività alternative. A Taranto, inoltre, c’è una grande tradizione agricola che può essere rafforzata dalla filiera produttiva innescata dalla bonifica dei terreni».
Per realizzare un disegno di questo tipo non bastano tuttavia le sole idee, serve una efficace capacità di realizzarle. «Infatti è indispensabile un approccio sinergico, con gli enti locali che dialoghino fra loro e con gli attori del territorio. Lo strumento potrebbe essere quello di una società a capitale misto, una società benefit che abbia come mission l’integrazione dei profitti con l’impatto positivo sul territorio, con gli utili che vengono reinvestiti localmente secondo una dinamica che vada oltre gli interessi stretti della proprietà e investa invece l’intero territorio. Ma questi processi, come detto, richiedono la partecipazione di un numero alto di attori».
E le risorse finanziarie per realizzare un piano così ambizioso? «Il New Green Deal permette di finanziare in tutto o in parte questi processi, ma ci sono altre possibilità dettate da una intelligente concertazione di misure finanziarie e fiscali, penso ad esempio ad una Zes allargata. Il rilancio di Taranto e dello stabilimento siderurgico può rappresentare il grande progetto italiano. Sarebbe il caso più importante al mondo di trasformazione di un territorio senza passare dalla dismissione ma attraverso una via meno traumatica con la possibilità di mantenere in vita ciò che di buono c’è, vale a dire la qualità dell’acciaio prodotto a Taranto. Sarebbe una rivoluzione. Bisogna imparare dagli errori, per non ripetere gli esiti infausti della dismissione di Bagnoli».
«In Italia – spiega ancora Eleonora Rizzuto – ci sono molti segmenti dove si può intervenire per attivare processi di economia circolare. Mancano, ad esempio, impianti per il trattamento dei rifiuti Raee (i rifiuti di materiale elettrico ed elettronico, ndr) che esportiamo all’estero dove vengono poi trattati. Ecco, perché non realizzare proprio a Taranto un impianto di questo tipo? Stesso discorso per le batterie delle automobili, che proseguono la loro storia fuori dall’Italia. Serve un ripensamento immediato delle nostre politiche di investimento. Le opportunità per ripartire ci sono tutte e sono ancora più interessanti in questa fase del dopo Covid, ora che la nostra economia è stata messa in ginocchio e ha urgente bisogno di ripensarsi».
Enzo Ferrari
Direttore responsabile