L’entusiasmo manifestato sabato scorso dai tarantini per il passaggio, del grande veliero “Vespucci” nel canale navigabile, richiama alla mente di quelli che sono soliti spulciare negli archivi storici quel lontano 21 agosto 1889, quando, a bordo del panfilo “Savoia”, il re Umberto accompagnato da Vittorio Emanuele, principe di Napoli, giunse a Taranto per una prima ispezione ai lavori del nascente Arsenale Militare marittimo.
La cronaca di quella visita è riportata sulla “Voce del Popolo”. Tanti gli appuntamenti che scandiscono l’approssimarsi della storica visita. “Nello stabilimento di bagno dell’avvocato Pupino Carbonelli – si legge nell’articolo – la sala grande era brulicante di belle signore e signorine. Intervenne il ministro Lacava che visitò lo stabilimento e disse essere degno di una grande città. Nel Caffè del Fischetti il comitato feste offriva un banchetto alla stampa. Brindarono l’on. D’Ayala, Peppino Turco, Pupino Carbonelli, il professore Valentini, l’avvocato Ricciardi, direttore della “Sentinella” e l’assessore Pappacena. La terrazza dell’Hotel Europa diventa il centro più autorevole di tutta la Puglia. Vi si riuniscono i generali Bonelli e Guidotti in borghese coi loro aiutanti, il ministro Lacava, il prefetto di Lecce, il tenente colonnello Cugini, direttore dell’Arsenale, il colonnello dei carabinieri, la solita stampa, i deputati D’Ayala, Pignatelli e Grassi, il senatore Schiavone. Il prefetto di Lecce, con la sua barba a fiocchi svolazzanti, è un bel vedere nella sua uniforme. In un canto Lacava esprime ai generali il dubbio se non sia necessaria la grande uniforme. Tutti e tre decidono pel sì e vanno a vestirsi”. Alle ore 8 e 30 il colpo di cannone annuncia l’arrivo dei reali. Due imbarcazioni, di cui una con le autorità, vanno incontro al panfilo, nei pressi dell’isola di San Pietro. Sul ponte della nave, ecco il re Umberto, il principe Vittorio Emanuele, i ministri Francesco Crispi in marsina e tuba lucidissima e Benedetto Brin in uniforme di ammiraglio. Il passaggio nel canale navigabile è così descritto: “Né penna né pennello potrebbero descrivere lo spettacolo di quel canale palpitante nella gran folla onde le ciclopiche mura sono coperte di quei colori agitantisi e fui insieme in un rimescolio indefinibile pittoricamente”.
Il panfilo getta l’ancora in Mar Piccolo alle ore 10 in punto. Le autorità salgono a bordo per la colazione offerta dai reali che due ore scendono a terra; passato passato in rassegna il reggimento del generale Cagnotti, re Umberto e il principe di Napoli salgono su una carrozza con il cocchiere e due lacchè in livrea blu, messi a disposizione dal milionario tarantino Giulio Troilo. I carabinieri a cavallo scortano il corteo mentre i soldati di fanteria rendono gli onori militari. Dagli edifici recentemente costruiti e non ancora ultimati e da ogni parte si affaccia il popolo, più estatico che commosso. Ben quaranta fanfare si dispongono lungo il percorso mentre dalle finestre si gettano fiori e striscette di carta multicolori. Dinanzi all’albergo Europa una donna, vestita di nero, consegna una supplica al Re. Infine, si assiste all’apertura del ponte girevole (inaugurato due anni prima) e al passaggio della squadra navale; l’arrivo della nave “Italia” è un trionfo con “l’immenso castello galleggiante” che pare riempire tutto il canale.
La giornata si conclude con la grande serenata a Mar Piccolo, dove “le fiaccole bianche, rosse e verdi delle mille e mille barchette facevano come un immenso giardino dagli immensi fiori luminosi, un omaggio di colori smaglianti alla bandiera italiana. mentre la riva risplendeva di una corona di bianchissimi fari. La città nuova pareva un ricamo argenteo, tutto tempestato di rubini e smeraldi”. Su un grande pontone infiorato il maestro Mario Costa dirige l’orchestra che esegue, fra le altre,“Era de maggio”, “Ojè”,“Carulì”, “Scetate”, “Funiculì Funiculà” e soprattutto “Tarantì Tarantelle”, bissata ben quatto volte, scritta dai giornalisti Roberto Bracco e Peppino Turco e musicata dallo stesso Costa. Il re e il principe, al termine, si affacciano dal panfilo per rispondere ai saluti del popolo in festa e assistono ai fuochi artificiali. Quindi, il meritato riposo in vista di un’’altra giornata ben impegnativa, al termine della quale Umberto I avrebbe donato alla città, attraverso il sindaco Carlo Primiceri, la somma di 12mila lire per opere di beneficenza,