TARANTO – ‘Squilli’ di cassa integrazione. E lo spettro delle ripercussioni occupazionali del complesso caso Ilva che rischia di farsi dannatamente concreto. La Semat spa e la Edil Sider, due società che operano da anni nell’Ilva di Taranto, hanno annunciato ai lavoratori che intendono procedere a “ferie forzate” e a un “possibile ricorso alla cassa integrazione” per 490 dipendenti: 450 della Semat e 40 della Edil Simer. E’ quanto afferma in una nota il segretario generale della Fillea-Cgil di Taranto, Luigi Lamusta. L’esponente sindacale parla di “un attacco strumentale” e spiega che contro il disimpegno del Gruppo Trombini “opporremo con forza tutta la nostra azione sindacale.
Non accetteremo che a pagare siano i lavoratori delle imprese dell’appalto”. “I nostri delegati sindacali – continua Lamusta – sono stati chiamati dalle imprese e hanno ricevuto la notizia con annunci di catastrofi imminenti: si parla di cassa integrazione al buio con nessuna garanzia circa la possibile ripresa”. Secondo il segretario della Fillea, le due aziende appaltatrici hanno “ritirato i mezzi e il personale che operavano nelle aree a caldo” poste sotto sequestro dalla fine di luglio. Una mossa che, ‘traduce’ l’esponente del sindacato, vuol dire che “finite le ferie, i lavoratori potrebbero trovarsi sin da subito in cassa integrazione, consapevoli del fatto però che gli ammortizzatori sociali nel nostro caso sono liquidati dalla Cassa edile con tempistiche che a volte superano anche i sei mesi. Un allarme occupazionale e sociale che rischia di esplodere se non arriveranno da subito le necessarie garanzie”. A partire dalla prossima settimana la Fillea-Cgil annuncia assemblee di fabbrica e azioni mirate in tutte le imprese coinvolte. Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, ha invece dichiarato che “bisogna occuparsi della salute e della sicurezza. Ci sono stanziamenti nuovi, nuove operazioni, ma dobbiamo fare come la Germania, la Francia, che hanno acciaierie importanti e trovano il sistema per equilibrare” salute e sicurezza sul lavoro. “Per noi è essenziale produrre lì (a Taranto, ndr), se perdiamo l’acciaio di Ilva non potremo rifornire del nostro acciaio tutte le aziende siderurgiche italiane”.