Il dibattito aperto dal manifesto #tarantocittaviva si arricchisce oggi dell’intervento – del qaule oggi pubblichiamo la prima parte – dell’associazione di cultura giuridica ed economica Tarenti Cives.
Il governo delle Città, soprattutto a seguito dell’introduzione del principio costituzionale della sussidiarietà, richiede nuove strategie e competenze. Sono divenute, infatti, assolutamente più complesse le relazioni tra le diverse funzioni economiche e sociali che l’Amministrazione Comunale è chiamata a svolgere.
Accanto alle tradizionali domande di regolazione dell’uso del suolo, di manutenzione della città, di produzione e gestione dei servizi, il governo locale è chiamato ad intervenire per rispondere a nuove domande e, tra queste: • azioni di suppor to allo sviluppo economico locale; • riconversione e riutilizzazione di parti della città che hanno perso la loro funzione; • qualità della città, intesa come qualità ambientale, dei servizi e dei tempi di organizzazione e fruizione; • crescita e qualificazione di consumi culturali; • soluzioni per i fenomeni di inclusione sociale e di povertà e per i processi di isolamento degli individui e delle famiglie; • capacità competitiva, imprenditiva e manageriale per accedere ai finanziamenti dell’Unione Europea, dei governi nazionale e regionale.
Tutte queste domande richiedono l’abbandono del tradizionale approccio burocrat ico esigendo una pianif icazione strategica in cui il soggetto politico esercita, in coerenza con la visione di sviluppo della città, un’azione propulsiva e di controllo, e il soggetto esecutivo che materializza le indicazioni r icevute e accetta una verifica periodica della propria attività e, conseguentemente, la sua valutazione di merito. Si impone in maniera esigente una selezione della classe politica che si cimenta nella guida della città ma anche, se non soprattutto, una formazione puntuale del personale dipendente a tutti i livelli, affinchè possa essere all’altezza dei compiti che viene chiamato ad assolvere. Taranto è la città che abbiamo; è la città che ci consegna l’impietosa classifica del Sole 24 Ore al posto 105/110 a causa di indicatori che vanno al di là dell’inquinamento e rivelano una città ingoiata in un pantano di cifre negative: reddito, consumi, innovazione, servizi, welfare, cultura, tempo libero, partecipazione; è la città sporca che paga la bolletta più alta per la spazzatura; è la città dalla difficile mobilità con un corpulento sistema locale di trasporti; è la città che viene sistematicamente chiamata a ripianare debiti di una struttura amministrativa inefficiente e, impunemente assente.
Taranto è la città che abbiamo: una classe politica che stancamente segue rituali vecchi e stantii; che in questi giorni si avvita su se stessa alla ricerca dell’unto del signore, sia esso con il camice bianco o con la toga nera. Taranto è la città che abbiamo: una classe politica autoreferenziale, incapace di elaborare una proposta che risolva gli annosi problemi e disegni una prospettiva di sviluppo soprattutto per i giovani, che cercano futuro altrove innescando un pericoloso circuito di invecchiamento della popolazione e di depauperamento delle risorse intellettuali. Taranto è la città che abbiamo: è la città, che grazie alla legge 1/2015 è destinataria di ingenti risorse che, se non si predispone in maniera adeguata, rischia di non utilizzarle.
È il momento di straordinar ie oppor tunità che richiede l’impegno di tutti quelli che hanno a cuore il bene comune, con spirito di abnegazione, professionalità e competenze. Per questo, parte dall’ Associazione Tarent i Cives l’appello accorato a tutti i cittadini tarantini, fuori ed oltre gli steccati ideologici e i recinti partitocratici, ad avviare un dibattito serrato che porti alla identificazioni di nuove forze capaci di elaborare una pianificazione strategica per la città nel rispetto delle sue legittime aspettative e le sue antiche vocazioni. In sintesi: Taranto accetti la sfida e si avvii verso il suo cammino in salita. Il Governo ha individuato uno straordinario strumento operativo, il CIS – Contratto Istituzionale di Sviluppo la cui gestione , al momento, ha generato in un sol colpo due negatività: la dichiarazione sorprendente di incapacità da parte dell’Amministrazione Comunale a utilizzare lo strumento delegando tutto ad un soggetto esterno (Invitalia), e la conseguente mortificazione delle professionalità locali, condannate, nella migliore delle ipotesi, a ruoli di gregari.
Ricordiamo che il compito che viene assegnato al Contratto Istituzionale di Sviluppo, e alle risorse finanziarie che lo accompagnano, è quello di consentire alla comunità bersaglio di superare il gap infrastrutturale che ne impedisce, appunto, lo sviluppo. Non a caso il DEF (Documento di Economia e Finanza) usa, parlando del CIS, l’allocuzione di “perequazione infrastrutturale”. Il Contratto Istituzionale di Sviluppo, quindi, implica innanzitutto l’individuazione dei fattori che impediscono o ritardano lo sviluppo di un territorio e ne predispone la soluzione. Oggi ci soffermiamo su due temi che, a nostro avviso, assumono carattere di priorità:
a. La pianificazione di interventi strutturali in termini di recupero e riutilizzo di una vasta area della città, in primis il Borgo e la Città Vecchia.
b. La Inadeguatezza della macchina amministrativa. Non riteniamo che la soluzione dei problemi passino attraverso il recupero di singoli palazzi o singoli monumenti.
Occorre individuare e realizzare infrastrutture, che in un’ottica keynesiana, si pongano quali premesse per avviare un percorso virtuoso di sviluppo soprattutto grazie alla attrazione di investimenti privati. Il recupero della Città Vecchia passa attraverso la sua ri-antropizzazione. Nessun intervento avrà futuro se non riportiamo la vita quotidiana tra i vicoli, e su questo pare si sia tutti d’accordo. Pertanto si dovrà operare, in pr imo luogo, per migliorare le condizioni della popolazione residente (o, forse meglio, popolazione resistente): circa 2.500 persone, malinconico residuo di una presenza di oltre 25.000 abitanti e, quindi, attivare altri interventi per attirarne di nuova. Interventi essenziali e prioritari sono, pertanto, legati alle infrastrutture di servizio (acqua, luce, fogna, viabilità, parcheggi, spazi pubblici, gestione dei rifiuti, housing sociale: in sintesi quanto necessario per rendere vivibile l’isola secondo i canoni moderni.
Nel momento in cui si parla di futuro, la parola d’ordine è una economia che si affranchi dalla monocultura dell’acciaio e si sviluppi verso altre esperienze, prima tra queste il turismo; e in tale contesto la Città Vecchia viene considerata un vero punto di forza. Accanto alle infrastrutture di servizio a cui si faceva cenno prima (acqua, luce, ecc.) parte delle risorse disponibili dovrebbero essere impegnate in due iniziative che si pongono quale volano per lo sviluppo dell’Isola, per nuova domanda edilizia e, nel contempo, essere in linea con le aspirazioni della città: 1) Porto turistico; 2) Centro congressuale.
PORTO TURISTICO. Allocato nel Mar Piccolo, destinato ad accogliere barche di medie /grandi dimensioni (25- 30 m) assicura servizi di alta classe, possibilità di carenaggio e lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, ecc. nell’ambito dello stesso specchio d’acqua. Si pone come punto di riferimento nelle rotte diportistiche del Mediterraneo. È una risposta importante alla domanda inevasa dei posti barca e di servizi di una clientela con forte capacità di spesa e innesca importanti ricadute occupazionali dirette (addetti per posto barca) e indirette in relazione alle attività commerciali ed artigianali indotte dalla presenza di tale infrastruttura. Con le attività di cantieristica si favorirebbe lo sviluppo delle maestranze ancora vive nella città.
(1- continua)
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