TARANTO- Raffaele Fitto ci aveva visto giusto: aveva temuto il cappotto e cappotto è stato. Il Movimento Cinquestelle in Puglia ha fatto il pieno e lo ha fatto soprattutto a Taranto, dove vince in tutti i collegi uninominali con numeri che si avvicinano addirittura al 50%. Percentuali al di sopra della media regionale e di quella riportata dal M5S nelle altre regioni del Mezzogiorno.
A Taranto non c’è stata partita, nonostante il pur ragguardevole risultato ottenuto dai candidati del centrodestra e da Forza Italia che sfiora il 20%. Il crollo, devastante, è stato quello del Pd: appena sopra il 13% alla Camera (collegio 10) e addirittura – tra città e provincia – non arriva neppure al 10% al Senato. Un risultato frutto di tanti errori e divisioni becere, che promette di produrre scossoni non solo all’interno del partito. Alla Regione e al Comune, insomma, Emiliano e Melucci potrebbero non dormire sonni tranquilli nell’immediato futuro.
I Cinquestelle stravincono: raccolgono il profondo malcontento e l’esasperazione di una città che soffre e vive male, malissimo, e che, evidentemente, non ritiene di aver ottenuto risposte adeguate né dalle amministrazioni locali né dal governo centrale. Una città così esasperata e disperata da consegnare oltre il 6% dei voti alla Lega di Salvini: questo è l’altro dato significativo che, proiettato a livello nazionale, apre la strada ad una inedita – seppure al momento solo ipotetica – alleanza tra M5S e Lega. I due partiti antisistema ai quali gli italiani hanno fatto celebrare i funerali della Seconda Repubblica. Con i risultati usciti dalle urne saltano tutti gli schemi ai quali eravamo abituati. Forse siamo all’alba della Terza Repubblica, con quali prospettive è difficile dirlo.
Intanto, Taranto manda in Parlamento una squadra tutta nuova: Rosalba De Giorgi, Gianpaolo Cassese, Mario Turco (tutti Cinquestelle) ai quali potrebbero aggiungersi altri candidati pentastellati al proporzionale. Unica parlamentare non marchiata Cinquestelle dovrebbe essere Vincenza Labriola, ex grillina passata in Forza Italia.
Ora resta da vedere come il M5S sarà capace di spendere questo enorme consenso. Per restare alle questioni tarantine: conterà più il Di Maio che a gennaio al Sole 24Ore prefigurava lo smantellamento dell’Ilva e la nascita al suo posto di un centro di ricerca tecnologica green o il Di Maio che a febbraio è venuto a Taranto a dire che l’Ilva deve continuare a esistere e a produrre posti di lavoro? Ambiguità che non hanno scalfito l’orientamento degli elettori: volevano punire e hanno punito.