“Tengo stu muert”… Così si era espresso Angelo Massaro, parlando con sua moglie qualche giorno dopo la scomparsa di Lorenzo Fersurella. Quell’espressione, equivocata, costituì la “prova regina” per la condanna in via definitiva a 30 anni di reclusione. In realtà, con quella espressione “intercettata” voleva intendere ‘muers’, un materiale ingombrante che stava trainando attaccato al gancio dell’autovettura. Venti anni d’ingiusta detenzione perché una serie di elementi a suo discarico, non furono considerati.
La tenacia dell’avv. Salvatore Maggio, determinò la revisione del processo: il suo difensore trovò un certificato, dimostrando inconfutabilmente, che Massaro si trovava da tutt’altra parte, mentre si compiva l’omicidio. Fu assolto e scarcerato. Le intercettazioni sono importanti. Lo sono sicuramente per i reati di terrorismo e di mafia. Ma sono un indizio! E’ compito di chi investiga scoprire e provare se hai molto verosimilmente commesso un reato. Ed è questo il punto in cui si biforca la strada tra paesi civili e non. In un Paese civile, che fonda il proprio patto sociale sull’habeas corpus, sulla presunzione di innocenza e sull’onere probatorio a carico dell’accusa. Non credo che Nordio intenda depotenziare gli strumenti di indagine, men che meno su mafia e terrorismo, La sua è la posizione di un liberale garantista che vuole coerentemente limitarne l’abuso. Ne era consapevole da sempre come magistrato, lo è altrettanto da Ministro della Giustizia.
Il cuore del problema sono pertanto gli abusi, gli “errori” nelle trascrizioni delle intercettazioni su cui bisogna intervenire radicalmente. Un errore clamoroso della trascrizione è emerso anche nel processo cosiddetto “Ambiente svenduto”. Un altro vulnus è costituito dalla segretezza delle informazioni sulle intercettazioni giudiziarie che diffamano l’onore di privati cittadini nonostante l’articolo 15 della nostra Costituzione annoveri la segretezza delle comunicazioni inviolabile. Una regola che nella prassi viene ribaltata anche attraverso i brogliacci della polizia giudiziaria, “molto spesso inaffidabili” anche se “non per cattiveria e malafede di chi li trascrive”, ma che spesso finiscono virgolettati sui giornali e nei media. C’è chi sopravvive al linciaggio, e chi invece decide di farla finita come Roberto Zaccaria. Troppo spesso chi sia il colpevole, quanto sia colpevole, come e perché sia colpevole, lo decidono certe trasmissioni televisive perché costruiscono il “gradimento” sulla colpevolezza, l’indignazione popolare tossica. L’idea malata che sovverte ogni garanzia costituzionale ed ogni elementare sentimento di umanità. La sentenza non in nome del popolo italiano ma a furor di popolo.
Per il Tribunale mediatico il processo è un inutile orpello, ciò che conta è l’inchiesta. Ma al di là del merito, le polemiche su Nordio si configurano come una strategia per aprire una falla nella maggioranza e, nel contempo, fare saltare il ministro e il suo disegno di riforma della giustizia. Preparare per lui lo stesso trattamento che nell’ottobre del 1995 fece fuori Filippo Mancuso, proveniente dalla magistratura, il quale si era permesso di contestare il modus operandi delle procure di Milano e Palermo. E Nordio non le manda certamente a dire: ha esortato il Parlamento a non essere supino e acquiescente alle posizioni dei pm. Quello che per Pd e il M5s pareva essere il punto sul quale fare pressione per spaccare il governo rischia di trasformarsi in un boomerang. In questo Parlamento è prevalente una diversa sensibilità per una giustizia giusta: la separazione delle carriere e la riforma del Csm in Costituzione; la riforma del processo civile e penale, per consentire dibattimenti giusti e di ragionevole durata; la riforma del diritto penale, razionalizzando le pene e rendendole certe. Quando Giorgia Meloni lo ha chiamato nel governo, sapeva benissimo l’orientamento di Nordio in materia di garanzie. La sua formazione di tradizione liberale diversa da quella di Fratelli d’Italia. Occorre comprendere che il successo alle ultime politiche hanno portato Giorgia Meloni a rappresentare una identità che va oltre la definizione di destra tradizionale, un nuovo profilo politico e valoriale tipico del conservatorismo europeo. Una evoluzione auspicata e prevedibile con cui la sinistra “nebulosa” si mostra incapace di competere per penuria di alternativa progettuale.