Le risorse messe a disposizione dal PNRR vengono paragonate da più parti come un nuovo piano Marshall che, attraverso uno eccezionale stanziamento, permise la ricostruzione dell’Europa dai danni prodotti dalla guerra. Oggi le risorse del PNRR dovrebbero permettere all’ Europa la ricostruzione economica e sociale determinata dai danni prodotti da due anni di guerra al COVID. Per il Mezzogiorno tali risorse, atteso il loro considerevole ammontare, dovrebbero rappresentare il mezzo per risolvere in modo definitivo la “questione meridionale”, risolvendo quel divario che esiste tra le regioni del sud Italia con il resto del Paese sin dalla unità d’Italia.
Nuove infrastrutture, città più moderne, servizi sociali e medici all’avanguardia e la diffusione di nuove e più moderne tecnologie, rappresentano alcuni degli assi portanti degli investimenti delineati dal PNRR, ma tutto questo potrebbe non essere sufficiente se non si pone in essere una strategia per invertire la fuga al Nord dei nostri giovani migliori. Da molti anni, infatti, si ha una vera e propria diaspora di giovani del sud, la maggior parte dei quali si trasferisce già per frequentare l’università, spinta da diversi fattori e tanti stereotipi. Una nuova emigrazione che ha carattere completamente diverso dalle grandi emigrazioni del secolo scorso, caratterizzate da livelli di istruzione molto bassi e da un diffuso livello di povertà. Quelli che emigrano oggi sono per buona parte la classe più istruita attratta da una “pseudo” migliore istruzione universitaria e da un più facile inserimento nel mondo del lavoro. In effetti, come è a tutti ormai evidente, le classifiche sulle università sono spesso falsate da parametri quantomeno artefatti e per la maggior parte dei casi non confrontabili tra le diverse regioni. Basti pensare al parametro “percentuale di studenti provenienti da altre regioni”, che non può avere alcuna attinenza con le nostre regioni insulari e che pure le penalizza fortemente o tutti i parametri legati al pil del territorio ed alla sua capacità di generare lavoro che, a ben vedere, non ha nessuna attinenza con la capacità di quella Università di dare un buona istruzione.
Quello che attira i nostri giovani è la speranza di un facile inserimento nel mondo del lavoro che quasi sempre, però, è sottopagato rispetto alle esigenze ed al caro vita di quelle regioni nelle quali la crescita di domanda non fa altro che fare crescere il costo della vita. Ad andare via è la futura classe dirigente delle nostre regioni meridionali, quella che dovrebbe garantire quello sviluppo che le infrastrutture del PNRR sono destinate a sostenere. Insomma, se non viene invertita questa tendenza il mezzogiorno d’Italia rischia di essere sempre più un deserto di uomini e menti. Non c’è famiglia oggi che non abbia figli emigrati nelle regioni del nord Italia provvedendo, nel contempo, a garantire le loro esigenze economiche così che oltre alla migrazione di cervelli si ha un trasferimento di risorse economiche dal Sud verso il Nord. L’apoteosi dell’incredibile si è in questo modo avverato: il Sud che contribuisce alla economia delle regioni forti.
Occorre intervenire e con urgenza perché la diaspora cessi e si inverta la tendenza. Incentivi fiscali per le aree più disagiate, contributi speciali per le nostre Università e per le loro attività di formazione e ricerca, contributi per la realizzazione di attività produttive per i più giovani ed altre forme di sostegno sono l’unico modo per sostenere realmente il mezzogiorno. So di dire una provocazione, ma questi investimenti sono prioritari ed indispensabili per le nostre regioni meridionali insieme agli interventi già previsti nel PNRR. Questo nuovo piano Marshall deve partire necessariamente dai giovani ed investire sul loro futuro nelle terre del sud, altrimenti tutto sarà inutile e la questione Meridionale non soltanto rimarrà irrisolta ma sarà stata paradossalmente aggravata. Purtroppo non sembra che il Governo abbia chiaro il difficile quadro del Mezzogiorno e la recente proposta di aumentare gli stipendi dei docenti del Nord rispetto a quelli che operano al Sud sembra andare proprio nel verso opposto alle esigenze che abbiamo delineato. Speriamo sia stato soltanto un errore di comunicazione e che si ritorni a sostenere i nostri giovani a rimanere al Sud. Speriamo!