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Una lettera di Libera Falcone al Ministro Giuseppe Valditara

FUNZIONE DOCENTE E PREZZI DI MERCATO... DI FRUTTA E VERDURA
Giuseppe Valditara

Signor Ministro dell’Istruzione e Ricerca, onorevole Giuseppe Valditara;

Le scrivo per lettera, sono ancora tra i pochi a farlo, in quanto ritengo che la scrittura sia espressione di comunicazione, maggiormente rispondente a requisiti di cortesia e di efficacia argomentativa. È sicuramente più meditata rispetto ad esternazioni verbali improvvisate, diventate di largo uso e consumo soprattutto tra i politici.

Sono un’insegnante del Sud, ho lavorato per quarant’anni nella scuola pubblica, dello Stato, con competenza, passione, orgoglio per il mio ruolo di docente. Ho rappresentato lo Stato in modo degno, sia nelle scuole del centro della mia città, dove il livello sociale di provenienza dei ragazzi è mediamente elevato, sia in una scuola di periferia. Una scuola identificata tra quelle che comunemente vengono definite “a rischio” perché accolgono ragazzi delle fasce sociali meno abbienti, in zone dove i numeri dell’abbandono scolastico sono tra i più alti e maggiori sono i fenomeni di devianza minorile. Lì ho prestato servizio per molti anni, così come hanno fatto tanti altri insegnanti, per scelta personale. I miei colleghi erano persone di grande professionalità e umanità, qualità che connotano l’autorevolezza della scuola. In uno dei nostri plessi veniva sperimentato un progetto per classi aperte e modalità orarie. Era stato approvato dal Ministero della Pubblica Istruzione e monitorato dalla facoltà di pedagogia dell’università di Bari. Ricordo ancora gli incontri di studio che avvenivano con cadenza settimanale, e le animate discussioni per portare a soluzione i problemi più complessi. Avevamo tutti la consapevolezza di essere presidio di cultura e legalità; un presidio dello Stato. Non si registrava dispersione scolastica. L’affetto dei ragazzi nei nostri confronti, mi emoziona ancora.

Eravamo tutti in fasce retributive di poco al di sopra della povertà, ma questo non ci ha mai scalfito nella dignità del ruolo, nonostante il progressivo declino, generalizzato, della Scuola italiana nel corso degli anni. Le cause sono da riportare, in gran parte, a sconsiderate “riforme governative”, ma soprattutto a scarsa attenzione e poca vicinanza alla Scuola da parte dello Stato. È di qualche giorno fa la Sua dichiarazione pubblica di voler istituire, per gli insegnanti del Nord, le “fasce retributive”. Detto in modo più chiaro, Lei intende incrementare le retribuzioni degli insegnanti del Nord, con la motivazione che al Nord la vita è più cara, rispetto al Sud. Ha precisato inoltre che alle risorse messe a disposizione dallo Stato, si aggiungerebbero quelle degli Enti locali, come già avviene a Bolzano, e dei privati, preferibilmente industriali. Il tutto coincide nel quadro di visione di “autonomia differenziata “, tanto cara e tanto sostenuta dai governatori e dagli industriali del Nord. Per gli insegnanti del Sud ci sarebbe un “contentino”, con la motivazione implicita che tanto noi al Sud viviamo con poco. Queste Sue decisioni, rese pubbliche, non sono rimaste sotto silenzio.

La CGIL ha ricordato la proposta governativa delle “gabbie salariali” di passata memoria, non fu fatta approvare. Ne hanno parlato i giornali, si è discusso nei dibattiti televisivi. Tacciono gli insegnanti, sanno che questa Sua iniziativa non può passare, non è in linea con la nostra Costituzione. Mi permetto di farLe presente che l’articolo 3 della Costituzione così recita “ È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Al Sud il lavoro da fare per raggiungere questi obiettivi è proprio tanto. Ora, relativamente al costo della vita, io vorrei informarLa, per esperienza diretta, che a Milano, ad esempio, nei vari mercatini di zona, frutta e verdura hanno costi più o meno in linea con i nostri. Inoltre qui, al Sud, i prezzi dei prodotti alimentari, e non solo, sono paragonabili a quelli, in offerta, nei supermercati Esselunga, sempre considerando Milano. Vero è che noi spendiamo molto meno in Servizi sociali, nidi, mense scolastiche, attività extra scolastiche e quant’altro, ma è così perché nel nostro Mezzogiorno i servizi di base sono limitati o non ci sono affatto. Le chiedo: Lei è veramente convinto che la dignità degli insegnanti, considerando quelli del Nord e quelli del Sud, possa essere misurata, proporzionalmente, al variare dei prezzi di frutta e verdura? Se dovessero aumentare al Nord, aumenterebbero anche i salari?

Alla funzione docente si riconosce il valore universale di crescita sociale, sancito dalla Costituzione, e ritenuto tale in ciascun Paese democratico. Lei ritiene che possa o debba essere condizionato dal mercato, nonché dall’ incultura del populismo? Una visione politica, di democrazia matura per leggi, ordinamenti, e funzioni consolidate, certamente non si presta a veicolare e sviluppare convincimenti di “geopolitica” all’interno di uno stesso Stato. Divulgare l’idea che il Nord sia meritevole di maggiori risorse da parte dello Stato, in quanto locomotiva economica in Italia, e dare al Sud, reietto, solo contentini, serve a ridimensionare il Nord a provincia dell’Europa, nei fatti rende concreto il processo di secessione del Sud. A chi giova? Se gli aiuti dello Stato aumenteranno al Sud, in relazione ai bisogni di crescita, più alto diverrà il Prodotto interno lordo dell’Italia intera. Il ruolo di istruire ed educare, proprio della funzione docente è direttamente in sintonia con tale principio. La scuola è centrale in un progetto di ampio respiro che dia forza all’Italia in Europa ed è di vitale importanza che al Sud siano date le risorse necessarie per colmare il gap che ci confina a margini di povertà. Signor Ministro, consideriamo l’opportunità che il Sud diventi ponte di essenzialità per portare l’Europa nel Mediterraneo, iniziamo a dare concretezza a questa idea, già nella comunicazione delle posizioni e proposte. Mi permetta diricordarLe alcuni numeri che confermano la generosità dello Stato italiano verso il Nord che riceve anche i soldi del Sud, compresi quelli che, per motivi vari, non riusciamo a spendere. Nelle iscrizioni per l’anno scolastico 2020/21 il 45,8 per cento delle famiglie, in Italia, ha chiesto il tempo pieno, ma se a Milano ha accesso il 90 per cento degli alunni, a Palermo solo il 4,5 per cento ha questa possibilità. In Puglia è inserito nelle 40 ore di lezione appena il 18,7 per cento degli alunni. I bambini del Nord, alla fine dei 5 anni di scuola primaria, è come se fossero rimasti un anno in più a scuola, per maggiori competenze acquisite e per sviluppo cognitivo.

Nel rapporto della Corte dei Conti di due anni fa, intitolato “La lotta alla dispersione scolastica: risorse e azioni intraprese per contrastare il fenomeno si legge che nel 2017 c’è stato un incremento complessivo delle risorse, rispetto all’anno prima. Si passa da 18,4 milioni a 23,8 milioni. La Lombardia da 2,19 milioni riceve 3,6 milioni; la Puglia da 1,8 milioni nel 2016, passa a1,4 milioni nel 2017; la Calabria da 1,1 milioni a 937 mila euro. Secondo le ultime rilevazioni di Save the children sulla povertà educativa, in Sardegna nel 2022, si è registrato il tasso più alto per dispersione scolastica, il13,2 dei minori non arriva neanche al diploma delle superiori, contro una media nazionale del12,7 per cento e del 9,7 in Europa. Nelle regioni meridionali, osserva ancora Save the children, nonostante una riduzione consistente avvenuta nell’ultimo anno 2022, in Puglia (-4,3%) e in Calabria (-3,8%), permangono alte le percentuali dei dispersi. Alla fine del percorso di istruzione sono più elevate rispetto alla media nazionale, con una punta del 19,8 per cento in Campania. Se guardiamo poi alle competenze nelle singole materie, in Campania, Calabria e Sicilia più del 60 per cento degli studenti non raggiunge il livello base delle competenze in italiano, mentre quelle in matematica si ritengono non raggiunte dal 70 per cento degli studenti in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna. Signor Ministro dell’Istruzione e del merito, con tali dati indicati solo parzialmente, Lei ritiene che gli Italiani, in stragrande maggioranza, possano consentire, a Lei o ad altri, di umiliare gli insegnanti dei propri figli, naturali e non, consentendoLe di aumentare i loro stipendi in base al rapporto: funzione docente e prezzi di mercato di frutta e verdura Le porgo distinti saluti.