Quella di Nevskij è l’anima di San Pietroburgo. Quella della neo segretaria del Pd è un’anima da costruire e un corpo da definire. Se ne era andata in polemica con il renzismo. Ha ripreso la tessera del Pd poche settimane fa. La vittoria nelle primarie sono la sconfessione degli affabulatori, dispensatori più d’illusioni che di certezze.
Per ora possiamo dire, senza il timore di essere smentiti, che hanno perso gli iscritti, l’apparato, ma anche i governatori. Insieme a Stefano Bonaccini perdono Michele Emiliano, Eugenio Giani e Vincenzo De Luca che con lui si erano schierati. Si dividono la sconfitta con i Sindaci delle grandi città dal nord al sud del Paese. Perdono, all’esterno del Pd, quelli del terzo polo, che ammiccavano alla vittoria di Bonaccini. Quelli che ancor prima di fondersi, si sono proclamati, riformisti, liberali, socialisti, ma non hanno mai smesso di essere renziani e calendiani. Forse condannati a restare insieme più per necessità che per convinzione e comunque assenti o quasi nel Mezzogiorno e colpevolmente lontani da una necessaria visione dello sviluppo meridionalista e mediterranea. Tra riformisti e riformatori la differenza è sostanziale… discutiamone.
Noi socialisti siamo riformatori, meridionalisti; interpreti di un Socialismo umanitario, di “un riformismo forte”; consapevoli di doverci misurare con “la globalizzazione della sopravvivenza” sanitaria, economica e sociale; che per farlo è fondamentale il ruolo dell’individuo insieme al valore federativo nella realizzazione del processo sociale. Nelle primarie del Pd hanno vinto gli elettori che hanno scelto una giovane donna e affidato a lei la guida del partito che quasi certamente non votano, che forse torneranno a votare. In fondo è questa la scommessa che la Schelein deve vincere. e può vincerla mettendo da parte l’agenda delle banalità e restituendo identità alla Sinistra, che il Pd ha il dovere di presidiare. Può riuscirci tracciando i contenuti fondanti di un progetto alternativo ai conservatori che oggi governano il paese e gran parte delle Regioni. E’ impresa ardua, ma non impossibile, se sono chiare ed identitarie le scelte di una nuova stagione per la sinistra di governo. Oggi non sono chiare ne identitarie e non possono tradursi in un generico progressismo, difficilmente competitivo con il M5s. L’offerta politica continua a rivolgersi ad una parte minoritaria del paese, alimentando e trascurando un astensionismo sempre più scettico e disincantato, che finisce per far prevalere un conservatorismo minoritario, che tuttavia, con Giorgia Meloni, sta costruendo la sua identità. Insomma il vero problema è scegliere cosa essere e farlo capire agli elettori che oscillano nella confusione e la maggioranza degli stessi, astenendosi, sceglie di non scegliere. Atlantismo, Europa, il Mezzogiorno, il suo ruolo nel mediterraneo che oggi diventa una necessità ineludibile, per l’Italia e per l’Europa.
La Perequazione Uniforme delle Prestazioni che richiede una visione del Mezzogiorno essenziale per il paese e per l’Europa, come piattaforma logistica dell’Italia Mediterranea. Richiede una politica industriale per i settori strategici a partire dall’energia e dal manifatturiero. Richiede un pensiero sistemico che valorizzi le vocazioni territoriali. Richiede una scelta chiara e inequivocabile per il ponte sullo stretto. Richiede, soprattutto, un gruppo dirigente che sappia ascoltare la gente e i territori. Un’elaborazione programmatica e sistemica, impegno e visione comune. Troppo spesso si è invocato il voto utile, accampando immotivate egemonie. Fin quando l’Italia sarà governata da un sistema elettorale che premia le coalizioni, non cercare di allargarle significa molto semplicemente non vincere le elezioni e sperare di governare sempre e comunque a dispetto dei numeri e del consenso. Per farlo le europee sono una tappa fondamentale. La sfida vera, per Schlein, non è il posizionamento rispetto a ciò che è stato il Pd tra i suoi mille rivoli. E’ una sfida del tutto diversa, che riguarda una prospettiva nuova per la sinistra.