Negli ultimi anni si è assistito ad una forte accelerazione del fenomeno della mobilità e dello spostamento di stranieri da un paese ad un altro riconducibile per lo più al differenziale di benessere tra stati in via di sviluppo e stati sviluppati. Come evidenziano quotidianamente le vicende di cronaca giudiziaria, molto spesso è proprio la criminalità organizzata internazionale a gestirne l’ingresso clandestino. Il problema dell’immigrazione clandestina è reso ancora più drammatico se si pensa che, dopo essere stati introdotti nei paesi di destinazione, i “trafficati” vengono spesso inseriti in circuiti criminali e sfruttati come fonti di nuovi profitti illeciti (ad es. nel campo della prostituzione, dello spaccio di droga, furti o accattonaggio, lavoro nero ecc.).
Di fronte a questo scenario, il Legislatore non è rimasto indifferente, come dimostra l’adozione del Testo Unico 286 del 1998 contenente la disciplina dell’immigrazione e delle condizioni degli stranieri. Il succitato Testo Unico, emanato con il decreto legislativo del 25 luglio 1998, n. 286, trova applicazione, in forza dell’art. 1 dello stesso, e salvo che sia diversamente disposto, nei confronti dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea e agli apolidi, indicati come stranieri”. Il T.U. 286/98 è stato integrato con delle significative modifiche dalla Legge del 30 luglio 2002, n. 189 (nota come legge Bossi-Fini), importanti in quanto si delineano in maniera più dettagliata le ipotesi di reato, tra cui quello del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, andando a colpire in maniera più diretta l’attività svolta dalle organizzazioni criminali dedite al traffico degli stranieri sia in Italia che all’estero. In particolare, la disciplina del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina degli stranieri è contenuta nell’art. 12 del T.U. 286/98, distinto in base alle modifiche apportate dalla L. 189/2002, in ipotesi semplici e ipotesi aggravate. Il primo comma del suddetto articolo si occupa del favoreggiamento dell’ingresso clandestino relativo alle ipotesi semplici, la cui condotta tipica consiste nel compiere “atti diretti a procurare l’ingresso nel territorio dello Stato di uno straniero ovvero atti diretti a procurare l’ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente”.
Con questa previsione si vuol contrastare il passaggio di clandestini dal territorio nazionale verso altri Paesi della comunità europea. Si tratta di una prospettiva analoga, in una certa misura, a quella che ha guidato la creazione delle figure delittuose associative, punite per il rischio insito nella stessa organizzazione e nella predisposizione e fornitura dei mezzi per commettere una pluralità di delitti. In entrambi i casi è tutelato l’ordine pubblico, che è nozione intermedia e strumentale rispetto alla protezione dei beni giuridici individuali. Se, però, rispetto alle previsioni delle figure delittuose associative, la norma del Testo Unico sembra avere una portata più ristretta, a causa della presenza di elementi descrittivi più dettagliati, è anche vero che in essa non si richiede la presenza di un’organizzazione come presupposto materiale dell’illecito, ampliandosi così enormemente le possibilità di concreta configurazione del delitto. L’art. 416 c.p., che è l’ipotesi stereotipica dei delitti associativi, incrimina genericamente chi si associa per commettere più delitti, invece il primo comma dell’art. 12 del T.U. sull’immigrazione punisce specificamente l’attività diretta a procurare l’ingresso nel territorio nazionale in violazione delle norme in materia; il compimento di tale attività costituisce l’oggetto del reato in esame. Soggetto attivo del delitto in esame può essere chiunque, trattandosi di un reato comune. La struttura del reato è di mera condotta ed a forma libera: non è necessario il verificarsi di alcun evento, non è necessario che l’ingresso clandestino debba realizzarsi; per il perfezionamento della fattispecie è sufficiente il fatto di aver posto in essere un’attività diretta a realizzare l’arrivo dello straniero.
Il reato si perfeziona con il dolo, inteso quale coscienza e volontà di commettere atti di agevolazione dell’ingresso; si tratta poi di un reato di pericolo, in quanto per la punibilità del fatto non è necessario che si verifichi in concreto alcun danno. Si tratta appunto di una tipica ipotesi di fattispecie a consumazione anticipata, che non consente la configurazione del tentativo. La giurisprudenza delinea la figura in esame come reato istantaneo. La sanzione prevista, tanto per il favoreggiamento dell’ingresso in Italia quanto per quello in altri Paesi, “è punito con la reclusione fino a tre anni e con multa fino a 15.000 euro per ogni persona” favorita. Fra le ipotesi che integrano questo tipo di reato sono da annoverare: l’ingresso clandestino di stranieri fuori dai valichi di frontiera; la fornitura allo straniero di documenti falsi o di mezzi utili a simulare, al controllo alla frontiera, condizioni che legittimano l’accesso; il difetto di segnalazione alla autorità di frontiera della presenza di clandestini a bordo, e difetto di vigilanza nel caso in cui i clandestini riescano poi a sbarcare.
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