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La Bce alza ancora i tassi di interesse, mutui più cari

Un incremento medio che viene stimato tra i 30 e i 60 euro mensili
Mutui

La lotta all’inflazione non accenna a fermarsi, sebbene una lieve contrazione dei suoi effetti sia stata avvertita dagli indicatori ISTAT nelle prime settimane del 2023; una crescita così accelerata rischia di creare seri danni alla economia dell’area Euro, ai cittadini ed alle imprese. Se ne sono accorti sostanzialmente tutti allorché l’aumento medio dei prezzi al consumo nel paniere dei beni principalmente acquistati dai cittadini italiani, ha sfondato quota 10%.

La Banca Centrale Europea è corsa nuovamente ai ripari la scorsa settimana alzando il costo del denaro di 0,50 punti, portandolo al 3%, per contenere, dal lato monetario, gli effetti di questa crisi che nella storia della moneta unica non ha precedenti. La conseguenza di questo incremento si traduce a sua volta in un aumento medio degli interessi sui ratei mensili dei mutui contratti dai cittadini, a tasso variabile, compreso tra i 30 e i 60 euro mensili. Abbiamo avuto modo di spiegare nei mesi scorsi le ragioni per le quali di fronte alla crescita dell’inflazione, le Banche Centrali abbiano a disposizione misure di contenimento che operano sul versante del costo del denaro, riducendone la disponibilità per via del suo alto prezzo. Una stretta alla circolazione del denaro significa ridurre indirettamente i consumi dei cittadini e questo dovrebbe indurre a sua volta chi fornisce beni e servizi a ridurre di conseguenza i prezzi. Sono chiaramente teorie e tecniche di economia politica che riguardano massimi sistemi e che con il tempo raggiungono effetti nelle tasche di tutti i contribuenti.

Nel contempo non sono esenti da effetti negativi come appunto quelli sui mutui ed in generale su tutti quei processi che richiedono l’uso del denaro e la sua acquisizione attraverso prestiti. La questione non riguarda solamente l’Europa e l’Italia in particolare ma ha riflessi importantissimi anche nella economia statunitense, da sempre l’acceleratore dei processi economici internazionali. Anche oltreoceano le cose non vanno meglio sebbene le politiche messe in campo per riportare la produzione negli Stati Uniti abbia abbattuto pesantemente il tasso di disoccupazione negli stati americani come mai da oltre cinquanta anni. Sono queste anche le ragioni delle frizioni con la Repubblica Popolare Cinese, che ha ospitato per decenni la produzione proveniente dall’estero e che ora registra forti contrazioni sotto quel profilo. Sul fronte fiscale italiano intanto il Governo procede speditamente verso diversi obbiettivi. Il primo riguarda la riforma fiscale, avviata dal Governo Draghi in risposta alle richieste della Unione Europea e in approvazione del PNRR. Si prevede un intervento entro i primi quindici giorni del mese di marzo mettendo a sistema le proposte di modifica oggetto di studio in questi mesi. Sulla questione bonus fiscali ed edilizia invece si registrano forti complicazioni. In audizione presso la Commissione Bilancio del Senato il Governo ha presentato dati preoccupanti sugli effetti del Superbonus 110 di questi ultimi tre anni. La questione fa il paio anche con le dichiarazioni di Eurostat, l’istituto di statistica europeo, che inquadra completamente la vicenda dei crediti fiscali edilizi nella dimensione del debito pubblico italiano e quindi l’incremento di circa 70 miliardi di euro registrato per effetto di questi bonus viene calcolato nel montante generale del debito italiano che già da tempo desta preoccupazione in area euro.

A certificare gli importi è anche ENEA, l’ente certificatore italiano in materia di energia al quale si trasmettono tutte le dichiarazioni afferenti gli obbiettivi di riqualificazione energetica dei bonus edilizi. Il Direttore del Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia fa rilevare nel corso della audizione in questione che: “Il monitoraggio dei dati di consuntivo resi disponibili dall’ENEA ha evidenziato che i contribuenti hanno beneficiato delle agevolazioni in misura molto superiore alle attese, con conseguenti maggiori oneri rispetto alle risorse impegnate dalla legislazione vigente in occasione dell’introduzione dell’agevolazione. La stima del Superbonus e degli altri bonus edilizi è stata quindi aumentata a circa 110 miliardi di euro con uno scostamento complessivo di 37,75 miliardi di euro rispetto alle previsioni iniziali sull’intero orizzonte temporale.” Nessuna certezza allora sul fronte dei crediti incagliati presso le imprese che non riescono a cedere liberando risorse e completando soprattutto i lavori, moltissimi dei quali avviati e mai conclusi. Il Governo ha proposto una serie di misure tampone che riguarderebbero in particolare l’accesso a finanziamenti agevolati da parte delle imprese edilizie, garantiti da SACE, con la finalità di fornire loro liquidità immediata mentre i crediti sarebbero utilizzati dalle imprese per compensare le imposte e la possibilità per le banche di usare i crediti acquistati per pagare le imposte anche di terzi, i loro clienti, marginando sulle differenze. La questione resta spinosa e va risolta in fretta. Il termine del 16 marzo è ormai prossimo e segna lo sparti acque per la chiusura delle operazioni edilizie compiute nel 2022 da comunicare allo Stato.

Francesco Andrea Falcone
Dottore Commercialista – Revisore Legale