IL TRIBOLUS
Il seme del Tribolus terrestris è spinoso. Si tratta di una pianta strisciante e un po’ subdola. Cresce contortamente vicino al substrato perché non riesce a separarsi dalla sua mamma terra. Conserva i suoi semi straordinari in teche che ospitano tre semi. La geometria di tali teche è unica e molto complessa. La forma del seme, che ricalca quella del tribolo, antico dispositivo usato per ferire durante la guerra il nemico, ha ispirato il nome del genere. Qualche giorno fa ho rinvenuto una versione mutante e sdoppiata del suo seme ovino. Due capre cornute si sono insinuate tra le mie dita. Ci insegna che per generare semi tetraedrici e fertili bisogna tribolare non poco.
IL POLYGONATUM
Il Polygonatum odoratum è sacro. Questa pianta, come ci suggerisce il suo nome, possiede molte ginocchia. Le rotule che costituiscono il fusto consentono l’ascesi attraverso le foglie disposte come una scala verso il cielo. I suoi fiori sono campanellini candidi e profumati, suonano a festa quando il vento ne decide il dondolio librando profumo soave nel sottobosco che abita. E’ una pianta solitaria, come la Tenia, verme piatto e indipendente, è capace di provvedere, prescindendo dalla presenza di un compagno, alla propria riproduzione. Lascia un pò di sè attraverso una gemma preziosa che conserva nelle sue radici. Il suo frutto, ceruleo e in apparenza invitante, è velenosissimo e capace di uccidere chi decide di assaporarlo. In autunno il fusto si stacca lasciando sulla radice una cicatrice. Rimane impresso un sigillo, il Sigillo di Solomone, che decide il nome comune della pianta. Sorprendentemente, proprio la cicatrice che ogni anno aggiunge al suo rizoma le dona il potere di cicatrizzare le ferite e di scacciare gli spiriti maligni che gravitano intorno a chi decide di affidare a lei la propria cura. Ci insegna che, per ottenere l’approvazione di un Re, attraverso un sigillo, è necessario crescere senza affanno e senza torcersi per divenire splendenti come solo un Giglio sa essere.
L’ACETOSELLA
L’Acetosella indica la strada. Le sue foglie sono capaci di provocare una smorfia a chi le assapora. Dal loro sapore acido, simile a quello del bruno aceto, nasce il suo nome. Un cuore ne disegna il contorno. Sono foglie speciali che vibrano con il sole. Si impettiscono quando lui non le guarda. Lo cercano. Si inchinano quando baciate dai suoi raggi. Ci insegna che stando gli uni vicino agli altri si può combattere la solitudine, indomita fiera, ci aggredisce solo quando ce ne dimentichiamo.
Francesca Quarta
Specializzata in Neurobiologia